Valutazione Impatto Sanitario ex Ilva: Legambiente e WWF chiedono modifiche al decreto

Legambiente e WWF hanno presentato insieme, alla Commissione Industria del Senato, le proprie Osservazioni al decreto-legge n. 5 del 30 gennaio scorso relativo agli impianti di interesse strategico, che si pone, finalmente, l’obiettivo di includere la valutazione preventiva dell’impatto sanitario (VIS) nelle procedure di rilascio o riesame della autorizzazione integrata ambientale (AIA) per gli impianti della ex Ilva di Taranto. Lo fa però solo in via transitoria e in modo pasticciato.

Per anni la richiesta di rendere obbligatoria la VIS per il siderurgico di Taranto è rimasta inascoltata. La stessa Commissione Industria del Senato, due anni fa, in occasione dell’esame del decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 non prese in considerazione le proposte emendative in tal senso suggerite in audizione da Legambiente. Si arriva quindi all’attuale decreto solo grazie alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, risalente oramai ad oltre sette mesi fa, che stabilisce che la valutazione dell’impatto sulla salute delle attività industriali inquinanti, come l’acciaieria ex Ilva di Taranto, deve costituire un atto interno alle procedure di rilascio e di riesame dell’autorizzazione all’esercizio e che, in caso di pericolo grave e significativo per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’impianto deve essere sospeso.

Legambiente e WWF ritengono indispensabili profonde modifiche al testo in esame che, allo stato, rappresenta una soluzione pasticciata, che penalizza il diritto alla salute, utilizza strumenti impropri, basa le valutazioni su vecchi limiti superati dalle indicazioni dell’O.M.S. ed hanno presentato precise proposte in tal senso.

Infatti, invece che intervenire inserendo gli impianti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale tra quelli per cui la V.I.S. è già obbligatoria, come Legambiente e WWF ritengono indispensabile, si è preferito agire sulla norma che già prevede che, per gli stessi, venga redatta un rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (VDS) disponendo l’aggiornamento degli attuali criteri metodologici sulla scorta di non meglio definiti criteri predittivi. Il problema è che la VDS analizza i danni alla salute che gli impianti hanno provocato in passato e non già l’impatto futuro. La differenza tra i due rapporti è enorme: come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità «L’approccio VIS […] si discosta, anche se ne condivide alcuni metodi, dai “Criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (VDS) […] Tali criteri infatti sono stati predisposti per valutare ex-post il danno sulla salute prodotto dalle attività industriali presenti su un territorio, mentre la VIS si propone di lavorare ex-ante, prevenendo e mitigando i potenziali effetti negativi di un’opera sul territorio».

Un pasticcio che genera una VDS camuffata da VIS, i cui criteri metodologici verrebbero aggiornati solo ogni 10 anni (non considerando la rapidità con cui si registrano oggi rilevanti novità in ambito scientifico), che non può unilateralmente modificare le prescrizioni dell’a.i.a. in corso di validità,, ed una VIS meramente transitoria, contravvenendo, a nostro avviso, alle disposizioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Il decreto prevede poi che siano i gestori degli impianti a predisporre lo studio di valutazione di impatto sanitario e che il Ministero dell’Ambiente acquisisca il parere dell’Istituto di sanità (ISS) da rilasciare entro 30 giorni. Riteniamo che sarebbe opportuno che in questa fase la VIS fosse eccezionalmente predisposta dall’ISS piuttosto che dall’azienda, considerato il tributo di morti e malati pagato dalla comunità tarantina e l’influenza negativa sulle sue condizioni di salute di decenni di emissioni dannose incontrollate, come accertato da perizie chimiche ed epidemiologiche e da innumerevoli studi. In ogni caso, riteniamo che il parere espresso da ISS sulla VIS predisposta dalla azienda debba assumere carattere vincolante rispetto alle prescrizioni AIA ed alla massima capacità produttiva autorizzabile.

Inoltre, sulla VIS predisposta dall’azienda è importante prevedere anche il parere della Regione territorialmente interessata. Nello specifico, va tenuta in debito conto l’esperienza maturata dalla Regione Puglia attraverso Arpa Puglia che già produce da anni valutazioni preventive di impatto sanitario, i cui risultati sono stati validati sia dall’ISS che da dall’OMS. Sarebbe opportuno, infine, porsi il problema di inserire una valutazione preventiva dell’impatto sanitario che attenga specificatamente i dipendenti dell’azienda.

Il decreto prevede che lo studio VIS, per quanto concerne la valutazione della qualità dell’aria, assuma quale parametro di riferimento, i valori limite previsti dal D. Lgs. del 13 luglio 2010, n. 155 e, per l’apprezzamento del rischio sanitario, il rinvio è alla norma tecnica US-EPA. Non riteniamo in alcun modo condivisibile che la valutazione epidemiologica posta a base della VIS debba essere effettuata sulla scorta dei parametri di qualità dell’aria dettati dal D. Lgs. 155/2010, ampiamente superiori ai limiti indicati dall’OMS già nel 2010, ed oggi molto superiori a quelli indicati dall’ OMS 2021 ed inseriti nella nuova direttiva approvata dal Parlamento Europeo 2024/2881. I riferimenti contenuti nel decreto rappresentano un gigantesco passo indietro, il ritorno ad una impostazione basata su parametri normativi ambientali vecchi e inefficaci, un approccio inaccettabile per chiunque si ponga l’obiettivo di proteggere la salute di cittadini e lavoratori. A maggior ragione se si considera che la VIS si proietta nei prossimi anni.

Per quanto attiene il riferimento alla norma tecnica US-EPA, esso è condivisibile solo se corredato di annotazione di dettaglio sul piano tecnico-scientifico: l’uso di tale norma deve avvenire non solo a scopi di valutazione con approccio tossicologico ma anche epidemiologico includendo l’indicatore Incremental Lifetime Cancer Risk (ILCR), ovvero la probabilità che 1 persona possa sviluppare un cancro su 1.000.000 di persone esposte a un agente cancerogeno, un parametro di riferimento comunemente utilizzato per la protezione della salute pubblica.

Nel testo i tempi a disposizione dell’ISS per esprimere un parere risultano peraltro compressi e limitata la possibilità di richiesta di integrazioni allo studio. In considerazione della complessità della materia trattata riteniamo necessario il raddoppio dei tempi indicati e la possibilità di reiterare la richiesta di integrazioni.

Risulta assente la Regione territorialmente competente per cui chiediamo che nella Commissione istruttoria per l’Autorizzazione Integrata Ambientale, oltre ad un membro con competenze mediche indicato dal Ministero per la salute, sia previsto un membro con competenze scientifiche nominato dalla Regione territorialmente competente.

Riteniamo infine che nel regime transitorio della VIS per l’ex Ilva vada introdotta una fase di consultazione pubblica.